Il 2020 è stato un anno di emergenza anche per la cybersecurity. Per il 40% delle grandi imprese sono aumentati gli attacchi informatici rispetto all’anno precedente. La diffusione del remote working e del lavoro agile, l’uso di dispositivi personali e reti domestiche e il boom delle piattaforme di collaborazione hanno fatto crescere gli attacchi. L’impatto economico della pandemia ha costretto le imprese italiane a fronteggiare le aumentate sfide di sicurezza con budget ridotti: il 19% ha diminuito gli investimenti in cybersecurity (contro il 2% del 2019) e solo il 40% li ha aumentati (era il 51% l’anno precedente). Ma per oltre un’impresa su due (54%) l’emergenza ha spinto a investire in tecnologie e ha aumentato la sensibilità dei dipendenti riguardo alla sicurezza e alla protezione dei dati. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno online “Cybersecurity Odyssey: la chiave per evolvere”.
Nel complesso, la crisi legata al Covid19 - si sottolinea in una nota stampa - ha rallentato la crescita del mercato della cybersecurity ma non l’ha fermata. Nel 2020 la spesa in soluzioni di cybersecurity ha raggiunto un valore di 1,37 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente (nel 2019 il mercato aveva segnato un +11% rispetto al 2018), di cui il 52% è rappresentato dalle soluzioni di security e il 48% dai servizi. Nonostante un mercato in crescita e il ruolo sempre più strategico della cybersecurity, le imprese presentano ancora “una scarsa maturità organizzativa”. Solo nel 41% la responsabilità della sicurezza informatica è affidata a un responsabile e ancora nel 38% dei casi non è prevista nessuna comunicazione al Board sull’argomento. La gestione della data protection è più evoluta, anche per effetto della spinta normativa, con il 69% delle imprese che ha inserito un Data Protection Officer (DPO) in organico e il resto che si avvale di figure esterne.